Per quasi due mesi ho masticato ottocento pagine del nuovo libro di Mauro Corona. E' capitato anche lui li per caso, tutte quelle pagine mi preoccupano di solito. L'ho trovato sulla libreria di Silvia, ancora impacchettato, regalo di una friulana, e non ho potuto fare a meno di infilarlo nel mio zaino. Era da un pò che m'incuriosiva il personaggio e volevo capire se oltre la sua immagine, affascinante, da eremita, scontroso e ruvido, ci fosse un autore degno di nota.
Mi sono trovato a leggere un libro strano, a metà tra fantasia e realtà, ambientato in un piccolo paese di montagna delle montagne friulane, vicino al quale il Vajont scorre fragoroso. La storia di Neve, la bambina pura, dalla pelle cristallina, che non ha mai freddo e che miracolosamente riesce a guarire alcuni suoi paesani.
Ma fragile come un rivolo di ghiaccio alla luce del sole, quando incontra il suo amore.
Intorno a lei si sviluppano le tante storie dei personaggi del paese, delle maledizioni lanciate da vecchie megere, streghe vendicative, ma cattive mai quanto l'animo di molti paesani e del padre di Neve, accecato dalla sete di potere e dalla possibilità di usare gli straordinari poteri della figlia.
Una storia che attraversa gli anni del primo dopoguerra fino ad arrivare alla speculazione degli anni sessanta e di cui la valle del Vajont è triste testimone. Una fiaba nera, che alcuni accostano al genere di Gabriel Garcia Marquez e di Isabel Allende, per la capacità di confondere realtà storiche alla fantasia.
In me ha scatenato sentimenti altalenanti.
A volte mi era sembrato di leggere soltanto una raccolta delle leggende che viaggiano sulle bocche della gente li su quelle montagne, ma scollate dalla storia. A volte mi è sembrato di non capire il senso di tutte quelle pagine, se non per dimostrare quanto la cattiveria dell'uomo sia insanabile, senza possibilità. Infinita quanto la miseria degli uomini che popolano quelle pagine.
Sembrava quasi che lo odiassi a metà delle quattrocento pagine.
Alla ricerca di chissà quale verità tra quelle pagine non mi accorgevo di quanto quelle leggende mi stessero allo stesso tempo affascinando, catturando la mia fantasia, facendo crescere in me la voglia di tramandarle, raccontarle, come a voler continuare il filo della tradizione orale a cui lo stesso Corona sembra attingere. Magari intorno ad un fuoco.
Come se quelle storie dovessero durare in eterno, e con essa la speranza regalata per poco tempo dalla giovane Neve agli ertani.
E se questo vi pare poco....
Mi sono trovato a leggere un libro strano, a metà tra fantasia e realtà, ambientato in un piccolo paese di montagna delle montagne friulane, vicino al quale il Vajont scorre fragoroso. La storia di Neve, la bambina pura, dalla pelle cristallina, che non ha mai freddo e che miracolosamente riesce a guarire alcuni suoi paesani.
Ma fragile come un rivolo di ghiaccio alla luce del sole, quando incontra il suo amore.
Intorno a lei si sviluppano le tante storie dei personaggi del paese, delle maledizioni lanciate da vecchie megere, streghe vendicative, ma cattive mai quanto l'animo di molti paesani e del padre di Neve, accecato dalla sete di potere e dalla possibilità di usare gli straordinari poteri della figlia.
Una storia che attraversa gli anni del primo dopoguerra fino ad arrivare alla speculazione degli anni sessanta e di cui la valle del Vajont è triste testimone. Una fiaba nera, che alcuni accostano al genere di Gabriel Garcia Marquez e di Isabel Allende, per la capacità di confondere realtà storiche alla fantasia.
In me ha scatenato sentimenti altalenanti.
A volte mi era sembrato di leggere soltanto una raccolta delle leggende che viaggiano sulle bocche della gente li su quelle montagne, ma scollate dalla storia. A volte mi è sembrato di non capire il senso di tutte quelle pagine, se non per dimostrare quanto la cattiveria dell'uomo sia insanabile, senza possibilità. Infinita quanto la miseria degli uomini che popolano quelle pagine.
Sembrava quasi che lo odiassi a metà delle quattrocento pagine.
Alla ricerca di chissà quale verità tra quelle pagine non mi accorgevo di quanto quelle leggende mi stessero allo stesso tempo affascinando, catturando la mia fantasia, facendo crescere in me la voglia di tramandarle, raccontarle, come a voler continuare il filo della tradizione orale a cui lo stesso Corona sembra attingere. Magari intorno ad un fuoco.
Come se quelle storie dovessero durare in eterno, e con essa la speranza regalata per poco tempo dalla giovane Neve agli ertani.
E se questo vi pare poco....
P.s. Per chi non conoscesse il personaggio vi invito a vedere il video della sua intervista Barbarica.
2 commenti:
Sembra interessante! Io sono a metà di "La fine è il mio inizio", un libro totalmente diverso da questo (è anche lui, però, un malloppo da oltre 400 pagine...).
Devo iniziare a scegliere il prossimo libro... ;-)
Ciao,
Emanuele
Beh, Ema, il libro te lo consiglio... tempo fa ho letto anch'io questo libro di Terzani, poi ho comprato "Un altro giro di giostra", ma l'ho lasciato a metà...non ce l'ho fatta a finirlo. Anche se Terzani era davvero interessante. Se non l'hai ancora visto ti consiglio un breve documentario che si chiama "Anam il Senzanome", con lui protagonista e girato dal figlio Folco. Bello.
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