Si discute in questi giorni un'iniziativa sino ad ora molto fumosa nei suoi contenuti e nelle sue modalità, ma brillante per la sua denominazione, la Robin Tax , che nell'intento del suo inventore preleverà ai ricchi petrolieri per consentire politiche redistributive a favore dei meno abbienti. Per il pubblico vasto richiama una figura, il fuorilegge gentiluomo che rubava ai ricchi per dare ai poveri, che tutti conoscono fin da bambini, grazie al cartone della Disney. Ma la Robin tax assesta anche un colpo di fioretto a quella piccola categoria professionale tanto odiata da Giulio Tremonti, la congrega degli economisti mercatisti. La Robin tax infatti richiama la ben pia Tobin tax, dal nome del premio nobel James Tobin che la propose per la stabilizzazione dei mercati valutari.
Il Ministro Tremonti sembra aderire con grande entusiasmo allo spirito di queste prime settimane di governo, secondo cui l'importante è stupire e colpire l'immaginazione più che risolvere i problemi. Vorrei quindi fornire qualche piccolo appunto che forse sarà utile al Ministro quando vorrà passare alla redazione del testo di legge. Ricorderei che la grossa spinta all'aumento del prezzo del petrolio deriva da fenomeni che subiamo senza potervi ovviare, la crescita mondiale della domanda e i fenomeni finanziari legati ai mercati dei futures sul petrolio. Se pensa ad una tassa sui profitti, suggerirei di tenere in conto che gran parte degli utili vengono realizzati nella fase della produzione, non in quella della distribuzione e della vendita. Ma i re Mida, con l'eccezione dell'Eni, stanno fuori confine e fuori della portata del Ministro Robin Hood. Se invece immagina una tassa sui barili venduti, rammenterei che nei corsi di economia del primo anno si insegna come le tasse sulla produzione possono essere trasferite a valle sui consumatori attraverso un aumento dei prezzi finali; e che tale spostamento è tanto pù facile quanto più consumatori esprimano una domanda inelastica, il cui classico esempio è la benzina. E non basta, per evitare questo, fare la voce grossa contro gli odiati petrolieri. Insomma, pregherei al Ministro di chiarirsi le idee. O, almeno, di rinunciare a coinvolgere il mio caro amico Robin.
Il Ministro Tremonti sembra aderire con grande entusiasmo allo spirito di queste prime settimane di governo, secondo cui l'importante è stupire e colpire l'immaginazione più che risolvere i problemi. Vorrei quindi fornire qualche piccolo appunto che forse sarà utile al Ministro quando vorrà passare alla redazione del testo di legge. Ricorderei che la grossa spinta all'aumento del prezzo del petrolio deriva da fenomeni che subiamo senza potervi ovviare, la crescita mondiale della domanda e i fenomeni finanziari legati ai mercati dei futures sul petrolio. Se pensa ad una tassa sui profitti, suggerirei di tenere in conto che gran parte degli utili vengono realizzati nella fase della produzione, non in quella della distribuzione e della vendita. Ma i re Mida, con l'eccezione dell'Eni, stanno fuori confine e fuori della portata del Ministro Robin Hood. Se invece immagina una tassa sui barili venduti, rammenterei che nei corsi di economia del primo anno si insegna come le tasse sulla produzione possono essere trasferite a valle sui consumatori attraverso un aumento dei prezzi finali; e che tale spostamento è tanto pù facile quanto più consumatori esprimano una domanda inelastica, il cui classico esempio è la benzina. E non basta, per evitare questo, fare la voce grossa contro gli odiati petrolieri. Insomma, pregherei al Ministro di chiarirsi le idee. O, almeno, di rinunciare a coinvolgere il mio caro amico Robin.
Little John
da Lavoce.info
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