L'influenza del 2.0 la sento un pò ovunque oramai. Soprattutto quando non vedo la possibilità di controbbattere alle posizioni che mi sembrano vaghe, sbagliate o fuorvianti.
Mi accade durante il sermone domenicale, nel post settimanale del parroco di turno, quando alle dissertazioni sulla fede e sul difficile percorso verso la purezza spirituale si verte verso considerazioni di carattere politico.
Eppure, nonostante la mia frequentazione con parrocchie e scautismo, si tratta di una sensazione piuttosto recente, che avverto tanto più accesa quanto più mi vado spostando verso il nord di quest'Italia. Almeno, i preti che fino ad un paio di anni fa avevo avuto modo di incontrare, me li ricordo ben divers
Invece adesso mi verrebbe da interrompere il prete, mettendo un commento anche in calce al suo discorso, interrogandolo su alcune sue affermazioni e ammonendolo su quanto queste ricordino tempi in cui dai preti veniva l'accorata indicazione a votare per la DC e non per quei mangiabambini dei comunisti.
Calata cosi, senza quasi accorgersene, arriva la lode o il disappunto per certe discussioni del dibattito politico, e questa è sempre, perfettamente, schierata.
Oggi era il turno della benedizione al testamento biologico approvato in settimana, un testo in cui la libertà di coscienza fa veramente in vacanza in nome dell'imposizione dello Stato.
A me quest'atteggiamento avvilisce. Ragionamenti che la Chiesa ritiene corretti e che posso anche condividere, diventano deboli quando vengono imposti dall'alto. Indicano una debolezza della Chiesa stessa, che incapace di portare avanti la propria catechesi nell'incontro con i credenti vuole imporre le proprie convinzioni attraverso la politica.
Ricorda certe messe recitate in latino, e cosi tornate di moda con tutto il vintage, incomprensibili al popolo che non doveva comprendere per ragionare con la propria testa.
Per questa la mia idea di una messa 2.0, con un prologo di discussione, che non lasci certe frasi come macigni inamovibili, la vedo come una vera e proprio utopia.
P.s. Non parlo di discussioni da rimandare in altri spazi, che sono bene di esistere, ma proprio li, nel momento più partecipato.
Mi accade durante il sermone domenicale, nel post settimanale del parroco di turno, quando alle dissertazioni sulla fede e sul difficile percorso verso la purezza spirituale si verte verso considerazioni di carattere politico.
Eppure, nonostante la mia frequentazione con parrocchie e scautismo, si tratta di una sensazione piuttosto recente, che avverto tanto più accesa quanto più mi vado spostando verso il nord di quest'Italia. Almeno, i preti che fino ad un paio di anni fa avevo avuto modo di incontrare, me li ricordo ben divers
Invece adesso mi verrebbe da interrompere il prete, mettendo un commento anche in calce al suo discorso, interrogandolo su alcune sue affermazioni e ammonendolo su quanto queste ricordino tempi in cui dai preti veniva l'accorata indicazione a votare per la DC e non per quei mangiabambini dei comunisti.
Calata cosi, senza quasi accorgersene, arriva la lode o il disappunto per certe discussioni del dibattito politico, e questa è sempre, perfettamente, schierata.
Oggi era il turno della benedizione al testamento biologico approvato in settimana, un testo in cui la libertà di coscienza fa veramente in vacanza in nome dell'imposizione dello Stato.
A me quest'atteggiamento avvilisce. Ragionamenti che la Chiesa ritiene corretti e che posso anche condividere, diventano deboli quando vengono imposti dall'alto. Indicano una debolezza della Chiesa stessa, che incapace di portare avanti la propria catechesi nell'incontro con i credenti vuole imporre le proprie convinzioni attraverso la politica.
Ricorda certe messe recitate in latino, e cosi tornate di moda con tutto il vintage, incomprensibili al popolo che non doveva comprendere per ragionare con la propria testa.
Per questa la mia idea di una messa 2.0, con un prologo di discussione, che non lasci certe frasi come macigni inamovibili, la vedo come una vera e proprio utopia.
P.s. Non parlo di discussioni da rimandare in altri spazi, che sono bene di esistere, ma proprio li, nel momento più partecipato.
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