Ma cos’è stato il fascismo in Italia? Qualcuno ha il coraggio di ricordarlo in maniera positiva, e sono di queste ore le dichiarazioni del Sindaco di Roma, Alemanno, che dichiara quanto non possa essere definito male assoluto il Fascismo in Italia, o di La Russa ad inneggiare la Repubblica di Salò. Chi parla non si può suffragare il diritto di conoscere quanto successo in tempi in cui neanche mio padre era nato, ed questo forse è il vero limite che nessuno potrà colmare alla nostra generazione, quello di non aver vissuto quel periodo e di non sapere cosa realmente è stato. Corre cosi il rischio di alimentare dei miti e di vederli riproposti con maggior forza proprio adesso in cui molti simpatizzanti sono seduti ai posti di massimo potere, ed in cui le grandi memorie di questo paese sono troppo anziane, o oramai scomparse (penso a Biagi, Montanelli etc..), per poter controbattere con forza questo nascente spirito autoritaristico. Sarà forse anche figlio del permissivismo intravisto negli anni passati, ma si ha la sensazione che si abbia nostalgia del bastone, dell’autorità imposta dall’alto, della stretta formalità contrapposta alla piena consapevolezza delle proprie scelte. Ed è per questo che occorrerebbe esercitare il dovere alla memoria, non ci si dovrebbe stancare di conoscere, leggere, ascoltare i vecchi e far proprie quelle storie di sopraffazione e di miseria.
Alle elementari, nella mia classe c’era il maestro Tramuta ha raccontarci di quanto fosse grande il fascismo, quanto di buono avesse fatto per la Sicilia e per l’Italia intera, e noi, scolaretti ad ascoltarlo in silenzio.I suoi modi erano rimasti ancorati a quelle tradizioni e, sebbene le bacchettate non fossero più permesse, capitò più d’una volta sentirlo ripreso dalla direttrice per qualche ceffone ad un alunno un po’ troppo allegro. I genitori conoscevano queste sue peculiarità, e come contraltare ci mettevano in guardia, e forse anche per questo le parole del maestro passavano con un adeguato distacco. In realtà per il resto era un ottimo maestro, il primo forse a farmi amare la matematica, mettendoci in competizione nell’inventare problemi enormi la cui difficoltà era misurata dal numero di operazioni da eseguire. Per le lezioni di storia, invece, si sapeva bene che le sue erano velleità di un nostalgico, e per tali dovevano venire prese da tutti. Che ricordi era un atteggiamento comune questo, forse perchè ancora nelle famiglie era viva la memoria di quei tempi. In casa mia mio nonno raccontava spesso le difficoltà che incontrò nel trovare lavoro durante il fascismo per la sua fama di comunista immortalata in una foto di gruppo dinnanzi al municipio di San Mauro. E cosi sono sicuro che in ogni famiglia c'erano storie tali da ricordare quei tempi di porte aperte e propaganda. Ma adesso che sono le cariche più alte a rivedere la storia ad uso proprio, siamo cosi convinti che l'atteggiamento sarebbe lo stesso?
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