"Io anelo alla mia terra, nella cui polvere si sono consunte le membra e le ossa dei miei. Ricordo la Sicilia, e il ricordo viene dal dolore che mi travaglia. Ma se fui bandito da un paradiso come posso io darne informazioni"

mercoledì 17 settembre 2008

Agrodolce

Ho voluto aspettare qualche giorno prima di commentare le puntate di Agrodolce, la nuova soap di RaiTre o, come ama definirla Minoli il nuovo racconto popolare siciliano.
Nata grazie ai Fondi Europei (Strutturali) messi a disposizione per iniziative industriali e all'impegno di numerosi enti, primo tra i quali la Regione Sicilia merita senz'altro l'attenzione dei più attenti.
Il progetto è piuttosto ambizioso ponendosi l'obiettivo di creare un'occupazione mirata nel campo dello spettacolo creando nuove professionalità, promuovere il turismo della nostra Isola e creare dei veri e propri studios nella piana d'Imera. Obiettivi senz'altro apprezzabili.
Partendo da questi presupposti, apprezzando Minoli e i suoi programmi e scorgendo tra gli autori Roberto Alajmo (uno dei migliori scrittori palermitani degli ultimi anni, e di cui spesso ho parlato) ho annullato snobismi e ho voluto guardare a quest'"opera".
Steoritipi e limiti della serialità della fiction non mancano, e non si può dar torto completamente ad Aldo Grasso che, in una famosa polemica con Minoli, ne parlò come una storia di portineria tale da aumentare ulteriormente le differenze culturali in Italia.
Ma mi voglio consentire una riflessione.
Nonostante tutti i difetti riscontrabili in fin dei conti il prodotto non mi sembra cosi sgradevole e si lascia anzi guardare anche con un leggerezza. Le storie sono semplici ma lasciano intravedere messaggi di riscatto e di speranza molto simili a quelli, molto più reali, con cui si confronta Palermo ogni giorno.
Nonostante ciò mi permetto di dissentire da un critico di tale levatura nella constatazione sostentendo che a voler far cultura alta si rischia di coltivare soltanto il proprio orto.
Se si vogliono elevare "le masse", principio auspicabile per il servizio pubblico, devi prendere il pubblico li dove si trova e trascinarlo verso l'alto, invece di chiuderti nelle proiezioni di cinema d'essai. Se Agrodolce riuscisse in questo semplice scopo sarebbe già un gran risultato. Lost, Six Feet Under e via dicendo sono grandi telefilm, lontani spesso dalla mediocrità delle produzioni italiane, ma basterebbe guardare l'audience per capire quanto siano apprezzati soltanto da una nicchia. Da tempo ho la sensazione che molto di cui si parla sia autoreferenziale, giornali, blog, politica, parlano a se stessi non riuscendo a coinvolgere una persona in più. Avremmo invece bisogno di gente con la capacità di tirar per i capelli chi sta in basso, per poi far comprendere la bellezza di una pellicola, di un editoriale, di un quadro.
Non è obiettivo da nulla, e senza dubbio stare con le mani in mano è senz'altro più fruttuoso e ti rende esente da critica. Ma questa non è infatti terra che può dar spazio agli schizzinosi. Soldi che altrimenti sarebbero spariti sono stati investiti in un modo facilmente giudicabile ogni sera, alcuni avranno possibilità di trovar lavoro e se tutto va bene qualche turista in più arriverà su quest'isola.
Francamente, mi sembra meglio che guardare il carro passare.

P.s. Da leggere anche sulla polemica nell'utilizzo di fondi pubblici sul forum di Roberto Alajmo.
P.p.s. Per gli intellettuali poi sta pure per uscire "The Palermo Shooting" di Wim Wenders. Ci saranno le sale piene, immagino.

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