Mi sono lasciato incuriosire un paio di settimane fa dalla copertina dell’Internazionale. Uno scimpanzè con in alto la scritta “Google ci rende stupidi?”[l'articolo originale qui. La traduzione a puntate, qui (1,2,3,4) . E’ una sensazione che da tempo penso di avere. Lavoro al computer da poco più di un anno e capita, più o meno spesso, di avere degli spazi di ozio da riempire. Non che sia iniziato tutto li, ma comprendere quando tutto è cominciato non è lavoro facile. Probabilmente l'avvento della banda larga.
E comunque li che comincio a sguazzare tra i vari blog a cui mi sono affezionato e le notizie dei vari quotidiani. Tra un intervallo è l’altro scambio quattro frasi con qualche contatto su GTalk, guardo la posta. Divento insomma incapace di concepire uno spazio di noia o di inattività, bramoso nell’avere qualcosa con cui allettare le mie curiosità. Non che da questo non tragga giovamento, ma questo continuo frullare di informazioni mi da come la sensazione che pochissimo rimanga piantato nel mio cervello. Come un filtro, comunque gran parte rimane strettamente alla superficie. Il tempo è riempito da un fare incalzante. Arrivo a casa e ancora prima di accendere la luce accendo il notebook. E l’ho spento soltanto poche decine di minuti prima in ufficio. E’ diventata in pratica la sede stanziale di tutto ciò che mi circonda.
La sede di film, notizie, musica, il prolungamento di rapporti umani lontani e improvvisamente vicini. Una sorta di estensione di me. E’ una sensazione che, come ho potuto notare, è comune a tanti. E neanche vissuta con tanto compiacimento. Si avverte così l’assurdità del proprio comportamento e ci si impone dei forzati distacchi. O si apprezza un simile accadimento che ci renda dei primitivi, simili cioè a quanto eravamo fino a pochi anni fa.
Mi vengono in mente cosi “I barbari” di Baricco e quell’idea della mutazione in atto e alla quale non possiamo sottrarci. Nulla a cambiato cosi tanto il mondo quanto Google e il modo di percepire l’esperienza. Un esperienza non dettata più da un insieme frastagliato di avvenimenti, ma un unicum di esperienze continue, “un unico gesto che dia il senso del disegno”,i n cui la semplice interruzione disfarebbe tutto. Non è una situazione alla quale ci si può sottrarre, e benché esistano delle sacche di resistenza, l’andamento è tale da travolgere chiunque. Non c’è neanche da opporsi, o pensare che sia un male, come in alcuni tratti faccia intendere l’autore dell’articolo in questione. Ogni mutamento comporta una rinuncia e un’acquisizione. In questo tsunami in arrivo ci saranno probabilmente oggetti che spariranno. Uno di questi sarà ad esempio la televisione. Oggi stesso mi sembra impossibile stare davanti uno schermo a guardare una trasmissione dall’inizio alla fine. E questo ad esempio YouTube l’ha capito benissimo, trasformando quello che è un limite strutturale in un vantaggio. 10 minuti al massimo di filmato sono ancora sostenibili. Tutto ciò che coinvolge un atteggiamento passivo probabilmente sarà spazzato via e probabilmente questo è un bene.
Si tratterà insomma di camminare come sempre, sul ciglio del precipizio, stando attenti a non farsi prendere dal desiderio della caduta. Si tratterà, probabilmente, di coglierne i limiti. Come sempre nella vita, d'altronde.
P.s. Leggete questo racconto, in cui Luca Sofri , nettamente meglio di me, parla della nostra vita multitasking. E soprattutto leggete il libro di Baricco, è fortemente consigliato. Tralaltro se cercate, lo trovate anche nell'archivio di Repubblica, sul quale è stato pubblicato a puntate nel 2006.
E comunque li che comincio a sguazzare tra i vari blog a cui mi sono affezionato e le notizie dei vari quotidiani. Tra un intervallo è l’altro scambio quattro frasi con qualche contatto su GTalk, guardo la posta. Divento insomma incapace di concepire uno spazio di noia o di inattività, bramoso nell’avere qualcosa con cui allettare le mie curiosità. Non che da questo non tragga giovamento, ma questo continuo frullare di informazioni mi da come la sensazione che pochissimo rimanga piantato nel mio cervello. Come un filtro, comunque gran parte rimane strettamente alla superficie. Il tempo è riempito da un fare incalzante. Arrivo a casa e ancora prima di accendere la luce accendo il notebook. E l’ho spento soltanto poche decine di minuti prima in ufficio. E’ diventata in pratica la sede stanziale di tutto ciò che mi circonda.
La sede di film, notizie, musica, il prolungamento di rapporti umani lontani e improvvisamente vicini. Una sorta di estensione di me. E’ una sensazione che, come ho potuto notare, è comune a tanti. E neanche vissuta con tanto compiacimento. Si avverte così l’assurdità del proprio comportamento e ci si impone dei forzati distacchi. O si apprezza un simile accadimento che ci renda dei primitivi, simili cioè a quanto eravamo fino a pochi anni fa.
Mi vengono in mente cosi “I barbari” di Baricco e quell’idea della mutazione in atto e alla quale non possiamo sottrarci. Nulla a cambiato cosi tanto il mondo quanto Google e il modo di percepire l’esperienza. Un esperienza non dettata più da un insieme frastagliato di avvenimenti, ma un unicum di esperienze continue, “un unico gesto che dia il senso del disegno”,i n cui la semplice interruzione disfarebbe tutto. Non è una situazione alla quale ci si può sottrarre, e benché esistano delle sacche di resistenza, l’andamento è tale da travolgere chiunque. Non c’è neanche da opporsi, o pensare che sia un male, come in alcuni tratti faccia intendere l’autore dell’articolo in questione. Ogni mutamento comporta una rinuncia e un’acquisizione. In questo tsunami in arrivo ci saranno probabilmente oggetti che spariranno. Uno di questi sarà ad esempio la televisione. Oggi stesso mi sembra impossibile stare davanti uno schermo a guardare una trasmissione dall’inizio alla fine. E questo ad esempio YouTube l’ha capito benissimo, trasformando quello che è un limite strutturale in un vantaggio. 10 minuti al massimo di filmato sono ancora sostenibili. Tutto ciò che coinvolge un atteggiamento passivo probabilmente sarà spazzato via e probabilmente questo è un bene.
Si tratterà insomma di camminare come sempre, sul ciglio del precipizio, stando attenti a non farsi prendere dal desiderio della caduta. Si tratterà, probabilmente, di coglierne i limiti. Come sempre nella vita, d'altronde.
P.s. Leggete questo racconto, in cui Luca Sofri , nettamente meglio di me, parla della nostra vita multitasking. E soprattutto leggete il libro di Baricco, è fortemente consigliato. Tralaltro se cercate, lo trovate anche nell'archivio di Repubblica, sul quale è stato pubblicato a puntate nel 2006.
2 commenti:
io il libro di baricco l'ho letto...in file txt sullo schermo del mio lettore mp3! serve aggiungere altro?
Ci credi che anch'io l'ho letto la prima volta sullo schermo del telefonino, in campeggio a PortoPalo.... non c'è bisogno veramente di aggiungere altro
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