Chiamare un'amica per scoprire con assoluta certezza che chi vuol dar prova della propria insicurezza mette spesso in mostra la propria stupidità.
L'arrivo e i postumi del giorno dopo:
Arrivare a Palermo, e fare un errore fatale. La classica "minchiata", insomma.
Vedersi accolti dai ventisei gradi già sulla scaletta dell'aereo, con uno shock termico non indifferente, e buttare la giacca, seppure leggera che avevi addosso, all'interno del trolley, ed avviarsi leggeri verso l'uscita. Arrivati a casa, dopo aver girato la levetta dell'olio, messo in moto la vespa ed essersi lanciati in un giro per la città.
Con il risultato, particolarmente generoso, di riuscire a passare il giorno dell'Immacolata contorcendoti per il dolore, girandoti nel letto alla ricerca della posizione che alleviasse il dolore per una cervicale impietosa.
E mentre in tv passano immagini di allegri idioti in tenuta estiva sulle spiagge cittadine stringere i denti mentre l'ago della siringa ti trafigge sulla chiappa sinistra.
Mercoledì:
Attraversare al buio la Palermo-Messina ha qualcosa di onirico. Poche macchine ti superano, poche macchine raggiungi per decine di chilometri. Qualche lampo istantaneo dalla direzione opposta. E poi il buio pesto, per terra, per aria, a destra come a sinistra, così da sembrarti sollevato per aria, viaggiando lungo un buco nero.
Costantemente interrotto da gallerie che ricordano rampe di lancio immerse nella luce, laddove invece non creano un effetto a macchia di leopardo per via di manutenzioni poco ordinarie.
Giovedì:
Non avendo mai avuto l'onore di lavorare in terra di Sicilia, ho scoperto in questi giorni un'aspetto interessantissimo.
Ogni funzionario, tra quelli da me incontrati in questi giorni, non mi se ne voglia per l'amor di generalizzazione, gode sottilmente nell'esercizio snervante della burocrazia. Non mi muove nulla senza girare, in torno, uffici, attendere autorizzazioni e firmare verbali.
Che mi consente di raggiungere così il luogo dove dovrei cercar di svolgere il mio lavoro dopo due onorevolissime ore di attesa.
Soltanto l'inizio di una giornata di attese. Perché poi gli orari di lavoro si rispettano ancora fermamente.
Eppure io tutta questa rigidità non la ricordavo fuori di lì.
Che, però, poi qualcosa di buona la fanno guadagnare.
Mi hanno fatto, per esempio, notare che le raffinerie sono più belle viste da dentro, specialmente alla sera. Affascinanti negli sbuffi di vapore che regolarmente raggiungono i corridoi e nelle luci che illuminano le superfici arrugginite delle ciminiere.
Di notte, poi, a guardarle dal lungomare di Milazzo, sembrano disegnare lo sky-line di una metropoli d'oltreoceano illuminate con eleganza.
Niente male, se poi, però, il giorno non tornasse.
Venerdì:
La lentezza offre un'ulteriore vantaggio.
Quello di prolungare questa trasferta, che pare una vacanza, almeno fino a martedì.
2 commenti:
Secondo me tu non devi partire mai perché combini sempre danno! :-P
Ma quindi non torni più questa settimana?
Ciao,
Emanuele
Non torno più oramai... sto cosi al caldo qui....
altro che coperta di Linus....
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