Nonostante me ne stia ad impostare i settaggi della reflex con attenzione, nove volte su dieci il risultato risulterebbe migliore se sono mi decidessi nel girare la ghiera sulla modalità auto.
Se uno strumento arriva al punto da rendere chiunque di noi un novello Berengo Gardin, i tecnicismi possono pure andare in soffitta per lasciare il posto alla creatività pura. Basterebbe del resto prendere una pagina qualsiasi di flickr o un più semplice album di facebook per tirarne fuori perfette esecuzioni.
A tal punto, conta esclusivamente il racconto. Devono aver pensato questo i curatori dell'avventata mostra di Martina Colombari all'interno della Fotografica 2010, organizzata ogni anno da Canon qui a Milano.
Mettete in mano a chiunque non abbia la benché minima idea di cosa sia la fotografia una macchina qualsiasi, neppure la migliore, mettetela in automatico, e ciò che ne verrà fuori avrà comunque un suo valore estetico. Tanto più se a far da soggetto agli autoritratti metti una gnocca di tal livello.
Una trovata pubblicitaria perfetta.
Anche perché, a giudicare dalle espressioni più che dalle parole, chi ha scattato sembra averci creduto davvero, prendendosi anche un rischio nel mettere da parte l'effetto patinato e mostrandosi al nudo, in ogni senso. Se, come raccontato durante la presentazione, i suoi autoritratti e la sua macchina fotografica sono diventate la sua ossessione, non ho alcuna remora nel credere che a questa visione intimista e psicanalitica della fotografia, lei ci abbia creduto davvero.
Ed il racconto, l'essenza stessa della fotografia, sembra esistere.
Per cui le critiche che hanno inondato la mostra, pur sensate, non colgono la provocazione iniziale. Non importa quanto siate bravi con le vostre belle macchinine e i vostri obiettivi da duemila euro. Smettetela di sentirvi artisti. Se non avete nulla da raccontare non farete altro che inondare uno spazio saturo di immagini. Se poi però avete un corpo come quello lì, potete fare ciò che volete. Persino fotografare.
Mettete in mano a chiunque non abbia la benché minima idea di cosa sia la fotografia una macchina qualsiasi, neppure la migliore, mettetela in automatico, e ciò che ne verrà fuori avrà comunque un suo valore estetico. Tanto più se a far da soggetto agli autoritratti metti una gnocca di tal livello.
Una trovata pubblicitaria perfetta.
Anche perché, a giudicare dalle espressioni più che dalle parole, chi ha scattato sembra averci creduto davvero, prendendosi anche un rischio nel mettere da parte l'effetto patinato e mostrandosi al nudo, in ogni senso. Se, come raccontato durante la presentazione, i suoi autoritratti e la sua macchina fotografica sono diventate la sua ossessione, non ho alcuna remora nel credere che a questa visione intimista e psicanalitica della fotografia, lei ci abbia creduto davvero.
Ed il racconto, l'essenza stessa della fotografia, sembra esistere.
Per cui le critiche che hanno inondato la mostra, pur sensate, non colgono la provocazione iniziale. Non importa quanto siate bravi con le vostre belle macchinine e i vostri obiettivi da duemila euro. Smettetela di sentirvi artisti. Se non avete nulla da raccontare non farete altro che inondare uno spazio saturo di immagini. Se poi però avete un corpo come quello lì, potete fare ciò che volete. Persino fotografare.
Questo è il tempo in cui noi tutti è come se avessimo al collo una macchinetta che ci consentisse di cantare come Pavarotti. Tutti splendidi cantanti. Tutti anonimi cantanti.
Settimio Benedusip.s. se solo amate la fotografia, un salto fatelo anche voi, entro domenica. Ci si diverte. Ai workshop. Soprattutto.
Nessun commento:
Posta un commento