Le cronache raccontano di attacchi in pubblici dibattiti, di voci che inveiscono in tono perentorio, che zittiscono chi non si tollera. Lo spazio per il dibattito (il dibattito, si, che ci vuole) è risicato, non interessa davvero più nessuno, non c'è spazio per le posizioni ragionate, per la contrapposizione delle idee, per i toni misurati.
Il senso delle parole di Enrico Letta durante l'attacco a Bonanni cade nel vuoto, le parole vengono udite da chiunque come un canto del cigno, un segno di debolezza al confronto con le parole senza remore che scorrono su certi giornali e sulle bocche di certi politici.
In questo spazio pare non esserci neanche posto per il partito Democratico (complici le solite pecche su cui è inutile ripetersi), stretto tra le stridule espressioni di Di Pietro e un centro sempre più invadente. All'esposizione del pensiero risponde lo sbadiglio, alla complessità dei problemi prevalgono le soluzioni affrettate. In questo spazio può muoversi soltanto un'estremismo pericoloso, che chiaramente vediamo strisciare nell'humus creato dal malumore di tanti, che lascia parlare soltanto con toni forti. Possono muoversi soltanto atteggiamenti fascisti, come se questi fossero gli unici possibili quando la frustrazione non permette di formularne di migliori.
Sembrano lontani i tempi in cui alle cattive idee si poteva controbattere proponendone di migliori.
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