"Io anelo alla mia terra, nella cui polvere si sono consunte le membra e le ossa dei miei. Ricordo la Sicilia, e il ricordo viene dal dolore che mi travaglia. Ma se fui bandito da un paradiso come posso io darne informazioni"

mercoledì 15 ottobre 2008

La Sicilia, Fava e Santapaola

Di occhi aperti c'è sempre bisogno. Si aggiunge ulteriore rabbia a quanto si legge su Roberto Saviano in questi giorni.
C'è un silenzio francamente inconcepibile. Fatti simili a quelli denunciati dallo stesso Saviano nel suo libro. Pagine di quotidiani a disposizione di boss. E silenzio, silenzio, silenzio.

La Catena di San Libero - 12 ottobre 2008 n. 372

“Parla, Santapaola!”, "Zitto tu, Fava!”

“Io, Vincenzo Santapaola, vi dico...”. Uno degli ultimi contenuti de La Sicilia di Catania, sotto forma di lettera, ma senza alcun intervento redazionale, è un vero e proprio editoriale di un boss mafioso. Contemporaneamente, e da oltre un anno, Ciancio vieta ai suoi cronisti di pubblicare dichiarazioni e notizie su Claudio Fava. Un episodio gravissimo, che segna un punto di non-ritorno. E la Magistratura? Ponzio. E l'Ordine dei Giornalisti? Pilato.

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Il gravissimo episodio di Catania - un esponente mafioso che usa il giornale di Ciancio per mandare i suoi messaggi - non ha suscitato le risposte istituzionali che sarebbero state prontamente date in ogni altra città.

1) La Procura di Catania, che da poco ha sequestrato per inadempienze burocratiche un povero foglio locale (“Catania Possibile”) di denuncia, non ha ritenuto di intervenire sul ricco e potente quotidiano che ha favoreggiato di fatto il clan Santapaola.
2) L'Ordine dei Giornalisti non ha incredibilmente preso alcun provvedimento disciplinare - e quando , allora? - nei confronti del favoreggiatore.
3) L'Associazione siciliana della Stampa, che non è mai intervenuta in difesa di nessuno degli otto giornalisti siciliani trucidati dai Santapaola e dagli altri mafiosi, non ha avuto il coraggio di prendere adeguatamente posizione.
4) Il CdR de La Sicilia non ha denunciato né ha contestato (com'era suo preciso dovere) l'operato del direttore.
4) Non se n'è dissociato, nemmeno con tempestive dimissioni, neanche il vicedirettore, che evidentemente giudica incidente veniale la presenza di un Santapaola nel suo giornale.
5) Le forze politiche locali hanno reagito con estrema fiacchezza all'episodio gravissimo, che ufficializza la contiguità fra poteri e mafia (già vista in numerosi episodi: caso Avola, censura dei necrologi Montana e Fava, scuse al boss Ercolano, ecc.) nel campo dell'informazione.
Non è affatto una vicenda catanese. E' nazionale. E' l'esempio più estremo, ma che non resterà insuperato, della catastrofe etica dell'informazione italiana. Saviano, parlando di giornali collusi, ha avuto torto solo nel limitare i suoi esempi alla Campania.

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Facciamo appello ai siti liberi locali, ai giovani che li animano con tanta passione, a non lasciare impunita questa vergogna. A reagire apertamente e duramente, e soprattutto tutti insieme.
Avremo nelle prossime settimane (l'inizio del laboratorio di giornalismo) e nel prossimo mese (“Sbavaglio” numero tre) tempo e luogo per esaminare partitamente lo stato dell'informazione a Catania e in Sicilia, e per proporre i rimedi. Ma adesso quello che è urgente è la ripulsa istintiva, etica, morale, nei confronti di quel “giornalismo” che insulta gli Alfano, le Cutuli, i Mario Francese, i Giuseppe Fava.

Esprimiamo la nostra fraterna solidarietà a Claudio Fava, che i mafiosi intendevano uccidere, per la sua attività di giornalista libero, nello stesso luogo in cui avevano già ucciso suo padre; e nonostante questo, o forse proprio per questo, il suo nome oggi è tabù sullo stesso giornale che pubblica i comunicati dei Santapaola.

Faccio appello infine, personalmente e da vecchio giornalista che mai avrebbe immaginato un tale degrado della professione, ai colleghi Lorenzo Del Boca e Roberto Natale, Presidenti Nazionali del nostro Ordine e del Sindacato:. Intervenite con tutti i vostri poteri su Catania! Difendete la nostra professione! Non lasciate soli i giovani che, con immensa generosità e a dispetto di tutto, qui impegnano le loro vite a fare un giornalismo di cui non vi dobbiate vergognare. [r.o.]

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